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La rastrelliera

di Mario Rossi

Al principio avevo problemi col nome, non lo digerivo. Forse perché ero abituato all’idea che la bicicletta si lega a un palo o a una ringhiera. Mi domandavo, che aggeggio è una rastrelliera?

La guardai e la riguardai e non so come mi conquistò.

Ora son qui che cerco di capire come fare, per non essere imbranato, per evitare di attirare l’attenzione di uno di quelli a cui non sfugge mai nulla. Ci sono sempre quelli.

La rastrelliera ora mi sembra un bel nome per un aggeggio.

Ci sono legate un sacco di biciclette, alcune nuove di pacca, una vale almeno mille euro.

Biciclette che sarebbero state disseminate addosso ai pali di tutta la piazza, ma che invece stanno tutte insieme, legate a una bellissima rastrelliera.

Non c’è più tempo da perdere. Ho visto abbastanza, devo agire.

Vuoto il sacco, silenziosamente. Le tronchesi e la pinza, ma soprattutto la chiave inglese, è quella giusta. Adesso velocemente, con calma, mi dico. Non mi guardo intorno, per non farmi guardare.

Prima i lucchetti e le catene. Stock, stack. Un’abilità ormai consolidata di ladro di biciclette, non tentenno.

Poi i bulloni, adesso viene il difficile. Forza, forza. Ci riesco. Via uno, poi gli altri, tutti. Fatto.

Nessuno mi guarda, nessuno se ne accorge. Contrariamente a quanto si pensa, alle otto del mattino è il momento migliore per rubare. Non ci fa caso nessuno, non se lo aspettano.

La libero dalle biciclette, ma è pesantissima. Al peso non ci avevo pensato.

Guardo la bici da mille euro, potrei portarmi via quella. Ma no, non rinuncio. Io voglio la rastrelliera. E’ pesante, va bene, ma quant’è bella. In qualche modo devo farcela.

Passano i minuti, ragiono e agisco. Mi guardano in molti adesso, ma non dicono niente, alle otto e mezzo di mattina, nel centro di Roma, non c’è niente di strano se uno spinge una bicicletta da mille euro con sopra una rastrelliera da cinquanta chili.

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Questa voce è stata pubblicata il 5 giugno 2012 da in invenzioni, ironia.